BiografiaInfanzia

03 giugno 1953

Infanzia (1953-1964)
Sono nato a Napoli in un quartiere di periferia: Poggioreale.
Poggioreale comprendeva tutta la zona a est di Napoli : Rione Luzzatti, zona Industriale, via nuova Poggioreale e il suo naturale prolungamento e cioè via della Stadera che finiva dove finiva la città di Napoli e iniziava Casoria con via Nazionale delle Puglie, uno stradone che portava fino alla provincia di Avellino.
Io abitavo all’inizio di via della Stadera appena finiva via nuova Poggioreale, una zona poco affollata, una periferia della periferia, vicino agli imponenti tre ponti costruiti in epoca fascista e sui quali passava la linea Napoli Roma via Aversa delle ferrovie dello stato.
Via Stadera aveva il suo nucleo economico e abitativo attorno alla Saffa, Società Anonima Finanziaria Fiammiferi ed Affini con sede a Milano e proprietaria di analoghi stabilimenti a Magenta, Moncalieri, Asti, Venezia, Este e Fucecchio. La produzione principale consisteva nei fiammiferi di legno, i cosiddetti familiari, da cucina, meglio noti come fulminanti o zolfanelli (da zolfo). La sede di via Stadera contava negli anni 50 più di 400 tra operai, impiegati e dirigenti. Squadra di calcio, cinema, un dopolavoro che offriva ai figli dei dipendenti una scuola, Mia madre Teresa aveva iniziato a lavorarci come operaia in giovanissima età, poco prima che scoppiasse la seconda guerra mondiale. Negli anni cinquanta il direttore si chiamava Gambardella e lo sarebbe stato fino al 1972, anno della chiusura e della messa in cassa integrazione di tutti gli operai oramai ridotti a una cinquantina.
Erano gli anni cinquanta la guerra era ancora vivida nel ricordo degli adulti che mi circondavano e ogn’uno, chi in un modo chi in un altro, raccontava come aveva vissuto quella esperienza terribile.
Dei primi anni ricordo una sensazione di gioia che mi animava appena un nuovo giorno incominciava quasi come per miracolo appena la sera stanco chiudevo gli occhi e un attimo dopo aprendoli una luce abbagliante mi rendendeva felice, così un’ iperattività e curiosità di scoprire il mondo mi si impossessava e ricordo che andavo in giro a combinare guai, come quando aprivo un comodino e buttavo fuori tutti i ferri del mestiere di mio padre e poi scappavo per non farmi prendere. Ricordo che vedevo le cose dall’alto, molto in alto, stavo in braccio a mio padre mentre lui giocava con mio fratello Carmine a pallone. Mi ricordo seduto sul tavolo e mio padre che si spogliava e si toglieva la conottiera rimanendo a torso nudo, era la sera prima che morisse il 9 giugno del 1956.
Il giorno dopo mi sveglio in un letto che non è il mio, il letto delle nostre vicine, Franceschina e Nanninella, due zitelle, una molto grassa e l’altra un pò bruttina dall’aspetto cereo. Vivevano con la mamma Carolina nel basso affianco al nostro. Con me c’è Carmine, mio fratello che ha 5 anni e un aria impaurita, io invece sono felice e sereno, come ogni mattina al risveglio, ho solo tre anni ma sto meravigliosamente bene e assaporo la vita per il semplice fatto di esistere.
La sera prima eravamo andati al cinema di via Stadera, il grande cinema Lora, e nel tornare a casa mi ero addormentato, mio padre dovette portarmi in braccio per 500 metri, la distanza dal cinema a casa. Quel sabato sera faceva molto caldo e mi sveglio appena varcato il grande portone della nostra casa, mio padre mi appoggia sul tavolo della stanza da pranzo e si spoglia togliendosi la canottiera e mostrando il suo petto peloso mentre scherza con mia madre. C’era un atmosfera serena, niente poteva far presagire cosa sarebbe successo quella notte.
Quella mattina del 10 giugno 1956 a casa mia c’erano tante persone, C’era come un aria come di festa, almeno così mi sembrava, tanta gente, mio padre è disteso in un letto in mezzo alla stanza e è immobile; quelle coperte colorate, i candelabri, tutto sa di strano, anzi, di straordinario, non riesco a capire perche piangono. Quella notte mio padre era morto, all’improvviso, stava benissimo, apparentemente, forse un’aneurisma aortico, nonostante il dolore che era intorno a me ricordo il mio stato d’animo era ancora di serenità e felicità come lo era sempre stato fino a quel momento. Non riesco a capire perchè tutti piangono e si disperano. Ricordo la gente, tanta gente a casa mia, i candelabri ai piedi del letto allestito al centro della casa , il letto addobbato con coperte colorate di rosso e blu, non riuscivo a capire il dolore che era nell’aria, forse ero troppo piccolo e sentivo che il mio stare bene dentro non poteva corrispondere allo stare terribilmente male delle persone a me familiari, mia madre, mia zia, la nonna e mio fratello. Ancora ricordo che mia madre ci chiese di dare un ultimo bacio a mio padre disteso immobile nel letto e che Carmine scappo via salendo i tre scalini che portavano al bagno posto fuori dal corpo della casa, mentre a me questa sembrava una cosa semplice e naturale. Altro flash, il cancello del palazzo dove abitavamo, chiuso, e dietro vestita di nero, disperata a piangere dal dolore mia madre e forse mia zia mentre fuori, sulla strada, passava il corteo funebre che accompagnava mio padre. Forse quest’episodio della mia esistenza mi ha condizionato e condiziona tutt’ora la mia vita attraverso un modellamento della coscienza nel quale , per forza di cose, ho dovuto sistemare quell’episodio. Ero troppo piccolo ma ricordo che pochi mesi dopo mia madre, dopo la nascita di mio fratello Gennaro, mi accompagna con il pulman a scuola dalle suore distante pochi chilometri più avanti. Ricordo alcune cose dell’asilo ma la più importate è un flash di memoria di un tempo precedente che forse la tristezza del mio mondo aveva portato a galla, era un sogno che poi divenne ricorrente relativo a quel periodo, quando le suore ci imponevano di dormire dopo il pranzo e noi in modo forzato mettevamo la testa sul banco e qualche volta riuscivo anche a dormire, Proprio in uno di quei sogni pomeridiani mi resi consapevole dei miei primi momenti di coscienza, il sogno era vissuto come un risveglio da qualcosa che fino a un momento prima mi schiacciava il corpo e la mente. Un’uscita dal buio vissuta con enorme sofferenza, una terribile angoscia dovuta al fatto di essere a sprazzi, perche poi ritornavo nell’oblio e stavo bene, ma poi prepotentemente dovevo ritornare a essere consapevole e vivevo quegli attimi di smarrimento ed oppressione e una fortissima angosciae che quel passaggio dal nulla alla coscienza mi procurava .

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